di Mario Bamonte

La doppiezza del cuore è l’abito di coloro che, ci ricorda Gesù, “dicono e non fanno e tutto ciò che fanno lo fanno per apparire”. Ed è proprio sulla distanza tra dire e fare e sul primato dell’esteriore sull’interiore che papa Francesco ha voluto soffermarsi nell’Angelus di domenica.
Se una sorta di distanza tra il dire e il fare appartiene a ciascuno di noi, per via dell’umana fragilità, il vero rischio è il vivere deliberatamente quella doppiezza del cuore di coloro che “predicano una cosa, ma poi ne vivono un’altra”, come i maestri di Israele contro cui si scaglia Gesù. Tale rischio, che appartiene a tutti, “mette a rischio l’autenticità della nostra testimonianza e anche la nostra credibilità come persone e come cristiani”, ed è per questo che il papa invita tutti coloro che sono chiamati a ruoli di responsabilità a vivere autenticamente per essere testimoni credibili: “Per un prete, un operatore pastorale, un politico, un insegnante o un genitore, vale sempre questa regola: ciò che dici, ciò che predichi agli altri, impegnati tu a viverlo per primo. Per essere maestri autorevoli bisogna prima essere testimoni credibili”.
Da questo abisso tra il dire e il fare scaturisce il secondo rischio ovvero il primato dell’esteriore sull’interiore, infatti Francesco mette in guardia da coloro che compiono opere per “salvare la faccia” poiché “sono preoccupati di dover nascondere la loro incoerenza per salvare la loro reputazione esteriore” e allora si ricorre al trucco per mostrare una realtà distaccata della verità: “Il trucco è molto comune: truccano la faccia, truccano la vita, truccano il cuore. Questa gente “truccata” non sa vivere la verità. E tante volte anche noi abbiamo questa tentazione della doppiezza”.

Mario Bamonte