Di Mario Bamonte

In uno scenario in cui la violenza e la sopraffazione sembrano essere divenute la cifra per risolvere ogni contesa, dai piccoli dissidi personali alle grandi controversie internazionali, il “grande comandamento” proposto da Gesù appare agli occhi dei piùun’ingenua utopia. Ma Francesco, nell’Angelus di domenica ci aiuta a comprendere come tale comandamento non sia una velleità, ma una impellente necessità alla portata di tutti.

L’amore a Dio e l’amore al prossimo sono inscindibili, anzi è dal primo che discende il secondo: “Un bambino impara ad amare sulle ginocchia della mamma e del papà, e noi lo facciamo tra le braccia di Dio”, dunque è l’amore di Dio la linfa di tutto: “Tu non puoi amare sul serio gli altri se non hai questa radice che è l’amore di Dio, l’amore di Gesù”.

Imparando dunque l’amore da Dio, l’amore verso il prossimo non sarà nient’altro che il riflesso dell’amore primigenio: “Significa che, amando i fratelli, noi riflettiamo, come specchi, l’amore del Padre. Riflettere l’amore di Dio, ecco il punto; amare Lui, che non vediamo, attraverso il fratello che vediamo.”

Partendo da tale constatazione ci rendiamo conto come il “grande comandamento” divenga un modo d’essere alla portata di tutti: amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come sé stesso è il tratto distintivo del cristiano, quello stesso tratto distintivo dei santi i quali pur non essendo degli eroi, hanno “potuto fare un bene così grande: riflettendo come una goccia l’amore di Dio”.

Mario Bamonte