La fertilitĂ  della gratitudine

L’avidità e l’ingratitudine generano violenza e tolgono la pace, la gratitudine e la riconoscenza ridonano la serenità. Questa è la sintesi dell’Angelus tenuto la scorsa domenica da Papa Francesco che commentando la parabola dei vignaioli omicidi e mettendo a confronto l’amore del padrone della vigna e l’atteggiamento dei contadini. Il padrone “fatica in prima persona, pianta la vigna, la circonda con una siepe per proteggerla, scava una buca per il torchio e costruisce una torre di guardia. Poi affida la vigna a degli agricoltori, dando loro in affitto il suo bene prezioso e trattandoli perciò in modo equo, perché la vigna sia ben coltivata e porti frutto”. A tale premura è opposta la reazione dei contadini i quali rispondono con avidità e ingratitudine, ricordandoci, il papa, che “alla radice dei conflitti c’è sempre qualche ingratitudine e i pensieri avidi, possedere presto le cose”. Pertanto “l’ingratitudine alimenta l’avidità e cresce in loro un progressivo senso di ribellione, che li porta a vedere la realtà in modo distorto, a sentirsi in credito anziché in debito con il padrone che aveva dato loro da lavorare.”

Succede anche a noi di essere tentati dall’illusione di non essere in debito, bensì in credito rispetto all’amorevole gratuità di Dio e nei confronti del prossimo, e allora succede che “si smette di lasciarsi voler bene e ci si ritrova prigionieri della propria avidità, prigionieri del bisogno di avere qualcosa in più degli altri, del voler emergere sugli altri”, cadendo in un vortice di violenza e sopraffazione che minano la pacifica convivenza. Pertanto il papa conclude ricordandoci “le tre parole che sono il segreto della convivenza umana: grazie, permesso, perdono”, tre parole che sradicando la spirale dell’avidità e dell’ingratitudine, permettono a noi, i contadini della vigna, di far fruttificare il terreno affidatoci dal Padrone. Di scoprire il fertilizzante effetto della gratitudine.

Mario Bamonte